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Olio su tela - 100x70
2022

“Bello, suadente, convincente, simpatico, ed è di gran lunga il più scaltro, il più sottile e il più sagace fra gli abitanti di Asgard. Perciò è proprio un peccato che dentro di lui ci sia un mare di oscurità: tanta rabbia, tanta invidia, tanta bramosia.”

Neil Gaiman

 

Loki, il dio delle fiamme, intelligente, affascinante, ingannatore e spiritoso, era in origine una creatura del Caos, un demone.

Fu chiamato da Odino per aiutarlo: il Padre degli Dei aveva in passato ricevuto dai Vanir il loro sapere, il potere delle rune; aveva plasmato quel mondo allora conosciuto, gli aveva dato delle regole e un fine.

Tuttavia l’Ordine non poteva sopravvivere da solo; l’Ordine è come il ghiaccio che procede strisciando e porta la vita a un punto morto, e ora che regnava la pace, il ghiaccio era destinato a ritirarsi, e il regno di Odino sarebbe piombato nella stagnazione e, di conseguenza, nel buio.

Ciò che occorreva era portare del disordine.

Ma Odino non poteva farsi vedere infrangere le regole da lui stesso create: gli serviva qualcuno al suo fianco che potesse farlo al suo posto, all’occorrenza.

In poche parole cercava un capro espiatorio.

E qui subentra Loki, l’antieroe, la divinità probabilmente più ambigua della mitologia norrena, il cui nome è legato al “Fuoco”; volatile, imprevedibile, un elemento difficile da controllare e ambivalente, associato sia alla civilizzazione sia alla distruzione.

Essendo egli generato dal Caos, il retaggio di un sangue malevolo lo inchioda a scelte inevitabili, ma che allo stesso tempo si rivelano provvidenziali; per questo Loki rientra nella categoria del trickster, ovvero una divinità le cui azioni immorali risultano indispensabili.

Una sorta di “male necessario”.  

  

Così, dopo aver stretto un patto di sangue, Odino lo condusse a vivere ad Asgard, la città dorata che s’innalzava nel cielo in fondo al Ponte dell’Arcobaleno, dove vivevano le donne e gli uomini che si erano proclamati dèi.

Ciononostante, l’accoglienza non fu delle migliori: tutti diffidavano di lui, nelle cui vene scorreva il sangue dei demoni. Era odiato; addirittura alcuni volevano vederlo morto.

Quello era il regno della perfezione, dell’ordine, della legge imposta, e lui non era certo il benvenuto.

Entrare definitivamente nella schiera delle divinità più importanti per Loki era impossibile: non solo gli venne impedito, ma fu la sua stessa natura ribelle a impedirglielo. 

 

Loki non è sicuramente un santo -ha una personalità sfuggente, incline all’inganno, usa le parole come un’arma a doppio taglio per abbindolare, ammaliare o seminare discordia-, ma con lui è possibile vivere in prima persona cosa significhi “essere rifiutato perché diverso”, avere un posto riservato tra coloro che vengono detti “emarginati”.

È un po’ come un cane che si morde la coda: vediamo quindi un demone dall’animo non proprio nobile, ma allo stesso tempo così umano e, proprio per questo, così vulnerabile, che tenta di reprimere una rabbia profonda gettando ancora più benzina sul fuoco, portando sempre più agli estremi la propria indole erronea.

 

 

Nel dipinto è raffigurata proprio questa “umanità dannata” di Loki, per il quale non possiamo trovare giustificazioni alle sue azioni, ma allo stesso tempo è impossibile non provare per lui un minimo di simpatia.

Il demone, approfittando di un momento di intimità, grida al cielo la sua angoscia, il suo odio verso Odino che gli aveva promesso protezione in cambio del suo aiuto; pentito nell’aver accettato l’alleanza con il Padre degli Dei, cosa che non gli portò niente di buono, Loki scaglia la sua rabbia in un mare burrascoso dinnanzi a sé.

Tra le nuvole si accende un fulmine, simbolo che rappresenta le origini caotiche di Loki: un mito evemeristico narra la nascita del fuoco, Loki appunto, quale unione del fulmine, Fárbauti, che colpisce le foglie, Laufey, o gli aghi di pino, Nál.   

Sul corpo del dio compaiono delle ferite, precisamente in prossimità della cistifellea e del ventricolo destro, dove hanno rispettivamente sede la Bile Gialla -corrispondente all'archetipo del Fuoco, e la cui prevalenza in una persona determinerebbe il “temperamento collerico”- e il Sangue (o Umor Rosso) -la cui prevalenza sugli altri tre umori determinerebbe il “temperamento sanguigno”, questo a indicare la creatività, loquacità, allegria, golosità tipiche di Loki, il suo essere particolarmente vizioso, volubile e predisposto a una certa tendenza al disordine emotivo e mentale-.

A sottolineare maggiormente queste ultime caratteristiche, è raffigurato un bicchiere di vino rosso che viene rovesciato causandone la rottura; del cibo è abbandonato con disinteresse sullo scoglio; i petali sciupati di un’orchidea (un riferimento alla sfera del sesso, secondo il simbolismo pascoliano) vengono travolti da un’onda e portati via senza disturbo.

“Per tantissimi rappresenta qualcosa di diverso e originale: c’è chi ama il suo senso dell’umorismo, chi la sua destrezza di antagonista e chi si sente attratto dalla sua vulnerabilità, del resto c’è qualcosa di disperatamente umano in lui, un pathos incredibile”.

   Tom Hiddleston

Alessandra Vaghi

© 2020 by Alessandra Vaghi

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