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2024
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"...Allora Diocleziano lo fece legare in mezzo al Campo Marzio e dette ordine ai soldati di trafiggerlo con le loro frecce. Gliene tirarono tante che quasi sembrava un riccio. Convinti poi che fosse morto se ne andarono; ma dopo alcuni giorni si liberò, ed ergendosi sulla scalinata del palazzo rimproverò con violenza gli imperatori che gli stavano andando incontro, per tutto il male che facevano contro i cristiani."


(Jacopo da Varazze)

San Sebastiano presenta una sensualità diversa da quella che scaturisce dai dipinti di Guido Reni - nei quali la singolare bellezza del Santo presenta caratteri delicati e leggiadri -, ma si ha a che fare con un fascino decisamente più vigoroso ed energico, che emerge dalla torsione del corpo, nonché dalla contrazione esasperata dei muscoli. I duri lineamenti del viso e lo sguardo lacerante accentuano ancor più la virilità dell’ex centurione che, con eroica fermezza, riceve il supplizio da parte dei suoi confratelli pagani.

 

La tortura fisica inflitta dalle frecce è temperata dalla luce della Fede che San Sebastiano sprigiona nel proprio animo; il sangue della passione scivola quieto sulla pelle del Santo come “ombre d’un ramo che cadono su una scala di marmo” (Yukio Mishima).

 

Sullo sfondo non si intravede Roma, ma un tipico paesaggio delle Prealpi lombarde, in riferimento al luogo di abitazione dell’artista. In alto, all’insorgere di una tempesta, ecco arrivare scalpitanti quattro cavalli neri, guidati da una Vittoria Alata la quale sorregge trionfante non una corona di alloro – come vuole la tradizione pagana – ma una corona di spine.

 

Lo sguardo dell’ex centurione è severo, ardito, fisso sui suoi carnefici,

ma gli occhi sono rivolti al cielo;

un forte contrasto tra religiosità militante e salvifica fede.

 

Alessandra Vaghi

© 2020 by Alessandra Vaghi

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